Quando Sant’Agostino 1300 anni fa scrisse questa frase, veniva da un lungo cammino interiore, che aveva attraversato , con coraggio e descritto, nelle “confessioni”.
In fondo ha anticipato quel che, la psicanalisi prima e la cosiddetta scienza psicologica in seguito, 1100 anni dopo, hanno confermato.
Nell’uomo vi è una parte, una dimensione, un luogo, indicibile, indescrivibile, incomunicabile, che chiamiamo inconscio, o non conscio per dirla con Faggioli.
In quegli abissi albergano energie distruttive ed autodistruttive, ed energie costruttive; demoni e angeli, ombre e luci.
I demoni sono alimentati dalla nostra solitudine, ( condizione ineludibile, che nessun frastuono, voce o nota può ridurre) e dalla paura della morte, che ci induce a una voracità, verso la vita, in tutte le sue dimensioni, anche a discapito dei nostri simili.
Le energie costruttive sono alimentati dalla nostra natura relazionale, costitutiva della nostra personalità; dal bisogno di amore e incontro, profondo, veritiero, che permeano la nostra memoria fisiologica e il nostro presente.
Ogni essere umano è lacerato da queste contrastanti energie, da queste tensioni opposte.
È mia convinzione che buona parte del disagio di noi moderni venga da questa, divaricazione di energie, che si incontrano e contaminano in una sorta di “terra di nessuno”, che delinea l’ambivalenza e contraddittorietà di noi umani, nel rapporto con se, con gli altri, con l’ambiente, con la storia.
Perché, quindi, un uomo di 45 anni, con capacità cognitive integre e un buon
livello culturale, ( faceva il mediatore finanziario, dopo avere trasformato una passione nel suo lavoro); in grado di distinguere il bene dal male, con conoscenza del valore delle norme e delle leggi ( è stato carabiniere, dopo essere stato selezionato, formato); con volontà, carattere e coraggio e buona percezione di se e delle proprie capacità, ( non è facile cambiare lavoro, passando dalla sicurezza del dipendente, alla precarietà del professionista); perché un uomo così uccide i suoi figli, piccoli e inermi, completamente fiduciosi nei suoi riguardi, a martellate ? Quante martellate ha dato, prima che morissero? Dicono cinque! Li ha uccisi con un colpo secco? E quando il secondo ( non poteva ucciderli contemporaneamente), ha cominciato a gridare, forse a scappare, con quale determinazione ha ucciso anche lui? Quante ore, giorni, ha pensato a questa soluzione, come la migliore per se e i suoi figli maschi?
È stato un raptus, il pensiero lo ha invaso all’improvviso, oppure ha programmato la cosa, aspettando proprio il momento in cui era solo con i due piccoli maschi?
Forse la scientifica ricostruirà l’evento, ma quel che è accaduto nel cuore di quell’uomo, solo Dio può conoscerlo.
Vi sono comunque dei paradigmi culturali, che possono fare da linfa a queste esplosioni distruttive,sui quali varrebbe la pena indagare!
– Uno dei frutti nefasti dell’individualismo autosufficiente, ( così necessario al capitale finanziario per erodere alla base ogni spinta verso la socialità) ; è l’incapacità di chiedere aiuto.
Chi chiede aiuto ammette la propria debolezza, la propria vulnerabilità; è uno sfigato!
– Inoltre si da per certo che nessuno ci aiuterà, perché ognuno penserà principalmente a se stesso. Terribile questa sfiducia sull’umano, questo dover dimostrare, agli altri e a se stessi, che ce la si fa da soli. Vi sarà comunque, per ognuno, nella vita, un momento in cui dovremo accettare la nostra impotenza, lasciarci aiutare, attraversare quella frantumazione di idoli e maschere, che ci siamo appiccicati addosso.
– Il proprietario dello sperma che ha contribuito a introdurre in questo mondo il figlio, spesso si sente padrone di quel corpo e di quella vita: lui sa come deve svilupparsi e andare. Non sono solo le madri ad essere condizionate a volte da questo schema, in parte comprensibile: per trentatré mesi ( 9 dentro il corpo della donna), quell’organismo e’ vissuto dipendendo totalmente da loro.
Anche i padri, sono, spesso “inconsciamente ” condizionati da questo schema.
Possiamo lasciare aperti i varchi ai demoni distruttivi o chiuderli e, allo stesso modo, aprirne alle energie costruttive.
Non siamo schiavi di un destino, abbiamo la capacità di fare spazio, all’una o all’altra energia. È la nostra libertà e capacità di scelta, tra il bene e il male, dentro e fuori di noi.
Occorre imparare lo sguardo interiore, il modo in cui si formano i nostri pensieri, a prendere confidenza con le nostre emozioni, consapevolizzare, radicalmente, la nostra dimensione relazionale; interiorizzare la nostra dimensione trinitaria: persona unica e irripetibile; la dimensione sociale e comunitaria come condizione costitutiva della nostra identità; apparteniamo ad un unica specie umana e abbiamo la responsabilità di contribuire alla costruzione di un destino comune, al di qua, molto al di qua di culture, lingue, tradizioni.
Questa antropologia dovrebbe essere insegnate nelle scuole a partire da quelle dell’infanzia.
Quell’uomo non può essere giudicato. Solo pregare per lui e i suoi figli si può e cercare di lenire le ferite della madre e della sorella.
Perché l’uomo è un mistero, il suo cuore un abisso.
dott.Venturoli Sandro