Casa Dolce casa!

“verso sera bisogna, prima di abbandonarsi al sonno, evitare le conversazioni, allontanare le agitazioni ed i rumori della giornata, purificare la propria intelligenza turbata, rendersi calmo e adatto a ricevere dei sogni salutari”

Giamblico: De vita phytagorica 15,65

Oramai ci siamo … con l’inizio dell’anno scolastico si torna tutti a casa dopo il tempo delle vacanze e della villeggiatura. Ho pensato molto a questo gesto del rientrare a casa, perchè di per sè che non viene compiuto solo in occasione del tempo estivo, ma scandisce un po’ tutta la nostra quotidianità … ogni giorno di per sè  “si rientra a casa” alla sera dopo un viaggio nei propri doveri e compiti (certamente meno coinvolgenti ed entusiasmanti delle vacanze). Si ritorna e si ENTRA IN CASA!

Nella Sacra Scrittura, Mosè leva i sandali per entrare nel recinto del Roveto Ardente, alla presenza di Dio.

Anche nell’Islam questo confine tra un fuori e un dentro è mantenuto per la preghiera e per la vita famigliare. Entrando in casa, come in moschea si è invitati a togliere le scarpe. È il modo dei beduini, di entrare nella tenda a piedi scalzi, “scrollando la polvere del deserto”. Non è una questione di pulizia ma di confidenza, intimità e accoglienza.

Addirittura vi è l’esempio di quegli industriali giapponesi che, rientrando nel loro ambiente, lasciano il loro completo di giacca e cravatta per rivestire un Kimono, ed abbigliati così, dopo il bagno, celebrano pacifici e silenziosi la cerimonia del the’.

Cambiare di abito o togliere le scarpe entrando in casa, significa, cambiare di clima, di luogo, di “tempo”. Lasciare gli abiti, anche mentali,  che significano l’azione, l’appartenenza sociale, per stare, così, “spogliati”, da ruoli, immagini, rappresentazioni, nella ricerca di se e dell’incontro umano.

È’ un passaggio, simbolicamente evidente, tra il mondo esterno e il mondo interiore.

Entrando nella propria abitazione occorrerebbe imparare a togliere simbolicamente e mentalmente i sandali, scrollandosi di dosso  la polvere del mondo, con le sue preoccupazioni, urgenze, impegni. 

Ben altro dal varcare la soglia parlando al telefono, una mano occupata con la chiave o la spesa e l’altra alla ricerca di un telecomando, per risentirsi “avvolti” dal rumore del mondo.

È, il significato della Mezuzah, un contenitore, affisso sugli stipiti delle porte degli ebrei, che contiene una pergamena con due brani della Shema, la preghiera fondamentale dell’ebraismo, e ricorda la notte dello sterminio dei primogeniti egiziani; chi varca la soglia l’accarezza, come a richiamare protezione dell’angelo sulla famiglia.

Si varca una soglia che divide il mondo del “fare” dal mondo “dell’essere”.

Si sta entrando nel luogo sacro degli affetti e dell’esperienza di sé.

Li si “rigenerano”, le energie per tornare ad affrontare la realtà con serena consapevolezza.

Non sarebbe male se anche noi, rientrando ogni giorno a casa, ritrovassimo questa nostra  calda, tenera e “forte”, energia “vitale”.

Non sarebbe male se custodissimo questo senso del sacro ogni volta che varchiamo la soglia di ogni incontro e si entra nella storia, nella casa e nella vita degli uomini.

Relazioni e incontri che hanno il gusto e lo stupore del sacro rispetto di chi è cosciente  che entra nella relazione con gli altri.

Dove manca questo senso di rispetto e di consapevole sacralità, rimane solo una devastante invasione, che brutale si impossessa di cose e persone.

Un discepolo del Signore sa bene cosa significa e come varcare certe soglie che hanno il gusto del ritornare a casa.

Buon ritorno a casa a tutti!

don Giuseppe Facchineri