Lettera inviata dalla Presidenza CEI a tutti i Vescovi all’inizio del nuovo anno pastorale

CURARE LE RELAZIONI AL TEMPO DELLA RIPRESA

Non può esserci azione pastorale della Chiesa senza la cura delle relazioni. Nel tempo della pandemia, proprio nei periodi più bui, abbiamo scoperto che l’essenziale è proprio la relazione: tra operatori pastorali, con i ragazzi e le loro famiglie, con le persone sole… Nelle parrocchie italiane coloro che le frequentano sono «chiamati a rispondere per primi a “un atto di amore” per noi stessi e per le comunità»: a partire da chi è impegnato nell’azione pastorale. Tale attenzione diventa gesto di amore anche attraverso la scelta di vaccinarsi. Il “vertice” dell’episcopato italiano riprende l’appello di papa Francesco che ha esortato alla profilassi definendola appunto un “atto di amore”. Papa Francesco, nel videomessaggio ai popoli dell’America Latina del 18 agosto 2021, ha ricordato che «vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore. Amore per sé stessi, amore per familiari e amici, amore per tutti i popoli». Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo il 20 agosto 2021 alla sessione di apertura della 42ª edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, ha sottolineato che «il vaccino è lo strumento più efficace di cui disponiamo per difenderci e per tutelare i più deboli e i più esposti a gravi pericoli».  

 La Cei non può imporre l’obbligo vaccinale all’ombra del campanile perché il tema «è affidato alle competenti autorità dello Stato. Ma chiede di «incentivare il più possibile l’accesso alla vaccinazione». E indica alcuni dei “volti” che nelle parrocchie dovrebbero immunizzarsi: i «ministri straordinari della Comunione eucaristica»; «quanti sono coinvolti in attività caritative»; i «catechisti»; gli «educatori»; i «volontari nelle attività ricreative»; i «coristi» e i «cantori».
Certo, l’invito è rivolto all’intera comunità e «interpella tutte le coscienze», spiega la Lettera. Perciò, presentando «alcune linee operative», come vengono definite, la presidenza Cei chiarisce che «le Conferenze episcopali regionali e ciascun vescovo, sentiti i Consigli di partecipazione, possono formulare messaggi o esortazioni per invitare alla vaccinazione tutti i fedeli e, in particolar modo, gli operatori pastorali coinvolti nelle attività caratterizzate da un maggiore rischio di contagio».

Avere parrocchie “sicure” è la priorità della Chiesa italiana. Come testimonia il protocollo per le Messe al tempo del coronavirus o l’impegno di questi mesi nel segno della cautela.

Attenzioni che hanno avuto effetti positivi. Anche se «la normativa civile attuale non prevede l’obbligo vaccinale né richiede la certificazione verde per partecipare alle celebrazioni o alle processioni né per le attività pastorali in senso stretto (catechesi, doposcuola, attività caritative)», è «fondamentale mitigare i rischi di trasmissione del virus», ricorda la Cei.

E quindi «la prevenzione di nuovi focolai passa attraverso l’adozione di comportamenti responsabili e un’immunizzazione sempre più diffusa». Da qui il monito. «Facciamo quanto è nelle nostre possibilità perché le relazioni pastorali riprendano nella cura vicendevole e, specialmente, dei più deboli. Facciamolo come atto di risposta al mandato del Signore di servirci gli uni gli altri, come lui si è fatto nostro servo; come segno di accoglienza del suo invito a prenderci cura gli uni degli altri, come lui si è preso cura di noi».
La Lettera è prima di tutto un richiamo a riscoprire che «l’essenziale è proprio la relazione». Relazioni che la pandemia ha interrotto o alterato. E la crisi sanitaria con «il confinamento e la distanza» ha anche messo «a rischio la tenuta del tessuto comunitario» nelle parrocchie: è sotto gli occhi il calo delle presenze alle liturgie o alle iniziative pastorali, le assenze di intere generazioni, il freno alla partecipazione che ancora il Covid provoca.

La tematica è complessa e la nostra riflessione dovrà rimanere aperta. L’appello del Papa, tuttavia, interpella le coscienze di tutti e, soprattutto, di chi è impegnato nell’azione pastorale delle nostre comunità. Siamo, dunque, chiamati a rispondere per primi a “un atto di amore” per noi stessi e per le comunità che ci sono affidate.

Facciamo quanto è nelle nostre possibilità perché le relazioni pastorali riprendano nella cura vicendevole e, specialmente, dei più deboli.

Facciamolo come atto di risposta al mandato del Signore di servirci gli uni gli altri, come lui si è fatto nostro servo; come segno di accoglienza del suo invito a prenderci cura gli uni degli altri, come lui si è preso cura di noi.

La Presidenza CEI

8 settembre 2021