
UOMINI E DONNE … ABITATI!

PARROCCHIA BEATA VERGINE ADDOLORATA IN MORSENCHIO
Diocesi di Milano, Zona I, Decanato Forlanini, viale ungheria 32, Milano
Durante il tempo dell’Avvento è buona cosa che in ogni famiglia si faccia il presepe. Questa intuizione di San Francesco rimane ancora oggi una delle più belle forme di preghiera per entrare nel Natale.
Come faremo in Chiesa, anche voi fatelo nelle vostre case così che diventino piccole chiese domestiche. Alla sera radunatevi intorno al vostro presepe e dite una preghiera tutti insieme per voi e perché finisca presto questa pandemia.
Signore, Gesù vengo davanti al tuo presepio con il cuore pieno di fiducia e di tenerezza. Voglio essere come i pastori che nel cuore della notte si sono alzati per andare a vedere il Salvatore.
Apri anche le mie orecchie per sentire il canto di pace degli angeli e i miei occhi per vedere in te il Principe della Pace. Tu vieni nel mondo per riconciliare il cielo e la terra. Vieni a riconciliare anche me con il Padre. Voglio stare un po’ con te: solo qui accanto a te troverò pace e riposo, i miei dubbi si muteranno in certezze, i miei affanni in quiete, la mia tristezza in gioia, il mio turbamento in serenità. In questo spazio troverà sollievo il mio dolore, acquisterò coraggio per superare la paura, mi riempirò di generosità per riprendere il cammino della speranza.
Maria, vedo nel tuo volto la somiglianza con Gesù.
Tu dai alla luce Colui che è la nostra riconciliazione. Madre, mi rifugio in te e sotto la tua protezione imploro il perdono di Dio. Rendimi somigliante a Lui, per essere come lui Misericordia
San Giuseppe, insegnami a proteggere la presenza di Dio in me come tu hai protetto Gesù Bambino e tua moglie Maria. Aiutami, con l’aiuto dei SS. Angeli, a riconoscere i subdoli attacchi di chi vorrebbe uccidere in me la presenza viva del Signore che il Padre ha voluto per me nel giorno del mio Battesimo. Che, dopo la visita a questo presepio, io guardi Gesù e Maria con lo stesso amore che posso ammirare nei tuoi occhi.
Angeli Santi di Dio continuate ad essere come oggi la voce di Dio che mi chiama, invitandomi ad alzarmi dal buio in cui cado a causa delle mie debolezze e del peccato.
Gloria a Dio! Alleluia!
Come si può essere cristiani oggi, nella Chiesa, in questo grande albero che è stato piantato due millenni fa? Beh, quello che si attende da ogni albero… ogni semplice cristiano deve essere come una foglia di un albero.
Ogni foglia d’albero si volge verso il sole; si sforza di cogliere la maggior quantità di luce possibile; ed ogni foglia d’albero trasforma questa luce che riceve dal sole; e con la sintesi clorofilliana essa produce della vita.
Se per disgrazia una foglia dicesse a se stessa: “Non ho bisogno del sole”, molto presto diventerebbe ingiallita, fiacca, morta, non servirebbe più a niente.
Noi cristiani, foglie di questo grande albero che è la Chiesa, noi dobbiamo volgerci verso il sole della santità, che è Gesù Cristo, che è la Santissima Trinità; e ciascuno di noi, in questa contemplazione personale, proprio ciascuno, deve ricevere tutta la luce da Cristo immagazzinandola dentro di sé.
E se per caso pensassimo che la preghiera non è necessaria, che è perdita di tempo smettere ogni attività per guardare al Signore, diventeremmo allora questa foglia morta, fiacca, floscia, ingiallita che non serve a niente e non ha più né grazia né bellezza.
Ma stiamo attenti! La foglia che, col pretesto di ricevere più luce dal sole, si staccasse dall’albero e andasse ad esporsi, isolata, nel campo, in meno di due ore diventerebbe secca e morta. Occorre restare attaccati all’albero, a Cristo, ai nostri fratelli, al Corpo mistico, alla Chiesa, che sono una sola cosa.
La nostra unità in Cristo sorpassa ogni nostra rappresentazione umana.
Anche se nell’albero della Chiesa ci sono dei rami morti, andarmene altrove è un suicidio e un non-senso. E chi si riserva il compito di potare l’albero è Dio stesso.
Io non voglio essere altro che una foglia rivolta al sole … attaccata all’albero.
don Giuseppe
Il giorno 29 marzo 2020 Ireos Della Savia ha concluso la sua vita.
Era nato nel 1926 a Spilimbergo in Friuli. Ancora ragazzo si trasferì a Milano, dove fu apprezzato modellista di tomaie e poi impiegato all’ortomercato.
Durante l’adolescenza abbandonò la fede ma nell’anno Santo del 1950 lo colpì una strana malattia che gli impose molta solitudine e riflessione.
Guarì insperatamente. Aveva 23 anni. Si trovò cambiato: alla paura della dannazione subentrò una grande affettuosa fiducia nel Signore. Ritrovò l’amore per Dio. Ricuperò la preghiera e si impegnò in un cammino di conversione che consistette nel consegnarsi a Gesù, nel fidarsi di lui, nel cercare la sua volontà, nel darsi a lui come strumento nelle sue mani.
Quando capì che il Signore lo voleva totalmente per lui, lasciò la ragazza che aveva. Rinunciò alla famiglia e scelse il celibato consacrato che visse dapprima nell’Istituto secolare “Cristo Re”, fondato dal venerabile Giuseppe Lazzati. La sua crescita spirituale lo portò ad amare con intensità l’Eucarestia.
Trovò amici che volevano condividere il suo cammino spirituale. Nacque così nel 1957 il Piccolo Gruppo di Cristo, cristiani comuni, che intendono unire le forze per una testimonianza più credibile, per offrire alle persone incontrate la gioia della fede, accompagnando fratelli e sorelle ancora in ricerca e anche fratelli che hanno capito che la fede ha da crescere per essere luce che brilla nelle tenebre e sale che dà sapore alla vita.
Il card. Carlo Maria Martini appoggio’ e incoraggiò questa esperienza e ne approvò la regola di vita il 24 giugno 2002.
Ireos è stato definito una presenza “mite e angelica” dal vicario episcopale Monsignor Paolo Martinelli.
All’Istituto Biraghi di Cernusco sul Naviglio, dove era ricoverato, “è stato un maestro di preghiera e di modello di adorazione”, così lo ha definito Don Ettore, cappellano delle suore Marcelline.
Ireos aveva desiderato morire povero e solo! E’ stato esaudito! Riferendosi a quel bambino che Gesù chiamò a sé e l’abbracciò Ireos disse: “Sono contento che quel bambino che Gesù pose accanto a sé non avesse un nome, perché così a quel bambino posso dare il mio nome. Quello sono io! Ognuno può mettere a quel bambino il suo nome e saremo tutti salvi”.
Ora Ireos, il piccolo Vangelo è nelle braccia di Gesù e vive in Dio e si riempie della sua luce. Ireos è stato sepolto nel cimitero di Cernusco sul Naviglio. Affidiamo quest’anima bella al Signore e desideriamo la sua intercessione nella beata aurora dell’eternità.
IL PAPA PREGA PER LA FINE DELLA PANDEMIA – 27 marzo 2020
Francesco ha presieduto uno storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, ma seguito dai cattolici di tutto il mondo, sempre più minacciato dalla diffusione del Covid-19. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori”, sappiamo “che Tu hai cura di noi”, ha detto prima dell’adorazione del Santissimo Sacramento e della Benedizione Urbi et Orbi, alla quale è stata annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria
In una piazza San Pietro vuota e lucida di pioggia, in un silenzio che echeggiava milioni di preghiere e un bisogno universale di speranza, si è posato lo sguardo del mondo. Alla voce emozionata di Papa Francesco si è unito il respiro affannoso della terra, in ansia per la pandemia che in questo tempo di Quaresima sembra adombrare e sospendere il futuro. A partire dalle ore 18.00, l’universalità della preghiera e l’unità spirituale hanno dato un timbro corale alle speranze del popolo di Dio, con Francesco solo a incarnare in modo plastico l’essenza del ruolo di “Pontefice”, di ponte tra la terra bisognosa di risposte e il cielo a cui chiederle.
Un’umanità provata ma protesa a Dio ha vissuto questo straordinario evento, trasmesso in diretta mondovisione, ha ascoltato la Parola di Dio con le immagini che lentamente mostravano, alternandole, due “icone” sacre care a Roma e, grazie al Papa, diventate note a ogni latitudine, quella della Salus populi romani, da sempre venerata in Santa Maria Maggiore, e il crocifisso ligneo della chiesa di San Marcello al Corso, che protesse l’Urbe dalla “grande peste” e davanti al quale Francesco si è inginocchiato il 15 marzo scorso. Un Crocifisso che per l’angolatura delle riprese contro la pioggia è parso talvolta piangere e condividere il lutto di tanti sul pianeta.
Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da Papa Francesco al momento di preghiera straordinario in tempo di epidemia:
«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.
È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).
Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.
Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).
Sotto la tua protezione e il tuo riparo
cerchiamo rifugio , o santa Madre di Dio.
Non sdegnare la nostra preghiera
nelle nostre difficoltà,
ma salvaci sempre da tutti i pericoli,
o Vergine gloriosa e benedetta,
nostra Signora, nostra Mediatrice,
nostra Interceditrice.
Guidaci a tuo Figlio,
affidaci a tuo Figlio,
portaci davanti a tuo Figlio.
Signore Gesù, Tu sei i miei giorni, non ho altri che Te nella mia vita.
Quando troverò un qualcosa che mi aiuta, te ne sarò intensamente grato;
però, Signore, quand’anche io fossi solo,
quand’anche non ci fosse nulla che mi dà una mano,
non ci fosse neanche un fratello di fede che mi sostiene,
Tu, o Signore, mi basti,
e con Te ricomincio da capo.
Tu mi basti, Signore:
il mio cuore, il mio corpo, la mia vita,
nel suo normale modo di vestire, di alimentarsi, di desiderare
è tutta orientata a Te.
Io vivo nella semplicità e nella povertà di cuore;
non ho una famiglia mia, perchè Tu sei la mia casa,
la mia dimora, il mio vestito, il mio cibo,
Tu sei il mio desiderio.
d. Luigi Serenthà
Prima domenica di Quaresima Milano – 1 marzo 2020
omelia dell’Arcivescovo + Mario Delpini
Ci viene rivolta oggi una parola che suona inopportuna. Risuona una di quelle parole che possono mettere di malumore, come un intervento maldestro, come di un richiamo che sconcerta. Una parola inopportuna mette a disagio, sembra venire da chi non comprende la situazione.
E la parola inopportuna è quella di Paolo: ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
È inopportuna questa parola, ma non possiamo tacerla. Suona come maldestra e sconcertante, ma non possiamo rifiutarla.
Questo inizio di Quaresima, così strano, senza messa, senza ceneri, senza prediche, questo è il momento favorevole.
Questo momento di allarme e di malumore, di strade quasi deserte e di attività rallentate proprio nella città frenetica, questo è il momento favorevole.
È una parola inopportuna, ma è stata proclamata. Non possiamo lasciarla cadere come un seme che vada perduto. Risuoni dunque ancora, illumini questo nostro momento, chiami a conversione, se è una parola che viene da Dio.
Vorrei perciò giungere a tutti, farmi vicino a ogni fratello e sorella che ascolta, entrare in ogni casa, visitare ogni solitudine, guardare negli occhi ciascuno di coloro che vivono male questo momento, accompagnarmi a tutti coloro che sono preoccupati per i loro cari, per i programmi di studio, di lavoro che sono saltati, per gli affari che sono sfumati…
Vorrei ripetere per tutti la parola inopportuna: ecco ora il momento favorevole!
Ecco il momento favorevole per cercare Dio: vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Non c’è niente che possa sostituire la partecipazione corale all’assemblea domenicale. La differenza tra partecipare alla messa in Chiesa e seguire la messa in televisione è la stessa che c’è tra stare vicino al fuoco che scalda e rallegra e guardare una fotografia del fuoco. Ma in questo momento in cui non è senza pericolo radunarsi in assemblea è possibile dedicare lo stesso tempo che si dedicherebbe alla messa al silenzio, alla meditazione della Parola di Dio, alla preghiera. Sono certo che lo Spirito di Dio ci aiuterà ad ascoltare l’appello di Paolo, ci incoraggerà alla conversione, ci darà ragioni per partecipare con intensità inedita alla prossima celebrazione eucaristica.
Ecco ora il momento favorevole per abitare il deserto, per esercitare la libertà, riconoscere l’insidia del tentatore e prendere posizione. È il momento favorevole per dire sì e per dire no: chi vuoi adorare, Satana o Dio? di che cosa vuoi sfamarti: della sazietà che intontisce o della parola che illumina? Quale immagine vuoi costruirti: quella che esibisce la vanità o quella che cerca la verità propria e altrui?
Ecco il momento favorevole per essere liberi.
Ecco ora il momento favorevole per esplorare le vie del digiuno gradito al Signore. Ecco il momento favorevole per cercare la riconciliazione, per praticare il buon vicinato, per spezzare il pane con l’affamato, per farsi vicini a coloro dai quali tutti si allontanano.
Ecco il momento favorevole per essere uniti nella lotta contro il male. L’allarme dei medici, le decisioni delle autorità, le pressioni mediatiche si sono rivelate di straordinaria efficacia nel lottare per contenere la diffusione del virus. E se noi fossimo tutti uniti, con tutte le forze della scienza, della amministrazione pubblica, della pressione mediatica per combattere la diffusione di ciò che rovina la vita di troppa gente? Se noi fossimo così uniti nel contrastare le dipendenze, la diffusione della droga, dell’alcol, del bullismo forse cambieremmo il volto della società.
Ecco il momento favorevole per diventare saggi ed evitare lo sperpero. Se abbiamo tempo perché sono interrotte o ridotte le attività ordinarie, possiamo evitare lo sperpero: possiamo usare il tempo per fare del bene, per pregare, per studiare, pensare, dare una mano.
Se abbiamo parole, invece di parlare dell’unico argomento imposto in questo momento, possiamo usarle per dire parole buone, per dire parole intelligenti, sagge, costruttive.
Per fortuna c’è Francesco che ci ricorda cos è il Natale per i Cristiani!
Per tanti oramai è lo spirito del natale … ma noi non crediamo agli spiriti!
per tanti sono i centri commerciali… ma noi non siamo consumatori!
per tanti è il calcio … ma noi viviamo di ben altre priorità
per tanti sono le mangiate … ma noi siamo più di animali che si cibano
Un discepolo sa di chi é, a chi appartiene e sa le sue priorità. Grazie a papa Francesco che ci ricorda cosa viene prima a Natale!
LETTERA APOSTOLICA DEL SANTO PADRE FRANCESCO SUL SIGNIFICATO E IL VALORE DEL PRESEPE
Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata.
Dato a Greccio, nel Santuario del Presepe, 1° dicembre 2019, settimo del pontificato.
FRANCESCO
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Ecco la lezione di Papa Francesco:
Arriva la quaresima!!! Prestate attenzione.. Arriva il periodo di Quaresima.. per quelli che staranno 40 giorni senza bere e senza mangiare … evitando cioccolato, senza bibita, senza fumare, senza spettegolare e ecc… a nulla serve questo per essere Una persona migliore…
Il miglior digiuno
Digiuno di parole negative e dire parole gentili.
Digiuno di malcontento e riempirsi di gratitudine.
Digiuno di rabbia e riempirsi con mitezza e pazienza.
Digiuno di pessimismo e riempirsi di speranza e ottimismo.
Digiuno di preoccupazioni e riempirsi di fiducia in Dio.
Digiuno di denunce e riempirsi con le cose semplici della vita.
Digiuno di tensioni e riempirsi con preghiere.
Digiuno di amarezza e tristezza e riempire il cuore di gioia.
Digiuno di egoismo e riempirsi con compassione per gli altri.
Digiuno di mancanza di perdono e riempirsi di riconciliazione.
Digiuno di parole e riempirsi di silenzio per ascoltare gli altri… assicurati, aiuterà molte persone..
Per la quaresima il papa Francesco propone 15 semplici atti di carità che ha citato come manifestazioni concrete d’amore:
* 1. Sorridere, un cristiano è sempre allegro!
* 2. Ringraziare (anche se non “bisogno” farlo).
* 3. Ricordare all’altro quanto lo ami.
* 4. Salutare con gioia le persone che vedi ogni giorno.
* 5. Ascoltare la storia dell’altro, senza processo, con amore.
* 6. Stop per aiutare. Stare attento a chi ha bisogno di te.
* 7. Animare qualcuno.
* 8. Riconoscere i successi e le qualità dell’altro.
* 9. Separare ciò che non usi e dare a chi ha bisogno.
* 10. Aiutare qualcuno in modo che possa riposare.
* 11. Correggere con amore; non tacere per paura.
* 12. avere finezze con quelli che sono vicino a te.
* 13. Pulire ciò che si è sporcato a casa.
* 14. aiutare gli altri a superare gli ostacoli.
* 15. Telefonare o visitare + i vostri genitori.
Il nostro cammino verso la Pasqua sia serio e lieto, vissuto con un sorriso e un gesto di carità
di Luca Zaninello
Circa 40 anni fa, io e l’amico Marco Rizzi iniziammo l’esperienza di educatori in San
Gregorio con un gruppo di ragazzini, classe 1968: dopo tre anni uno di questi disse
che sarebbe entrato in seminario.
Ancora oggi questo tipo di notizia desta sempre un po’ di sorpresa, ma allora
non ci stupimmo più di tanto: si vedeva che questo preadolescente aveva una sensibilità
e un’attenzione alla parola di Dio particolare. Ed è così che con grande gioia oggi festeggiamo i 25 anni di Giuseppe Facchineri.
Se non ricordo male Giuseppe era abbastanza angosciato dalle materie umanistiche che
il seminario gli proponeva, quei latino e greco non sembravano essere proprio delle
passeggiate: tuttavia lui aveva chiara la meta da raggiungere.
Abbiamo avuto la fortuna di vederlo crescere, maturare, diventare sempre più convinto
nella sua scelta: tutte le volte in cui ritornava in oratorio ci raccontava della bellezza
e dell’intensità del suo cammino, e quel sorriso che non ha mai perduto comunicava
subito la gioia di avere trovato la propria vocazione. Ho il ricordo di diverse vacanze
estive e di capodanni trascorsi insieme, con la preziosa guida di don Antonio Riva, che ci ha aiutato a crescere come cristiani e quindi come uomini, e che credo abbia trasmesso a Giuseppe quello stile pastorale, sano e vero, che mi sembra lui abbia fatto suo. Man mano che trascorrevano gli anni che lo avvicinavano al giorno dell’ordinazione sacerdotale, in tanti dicevamo che Giuseppe sarebbe diventato un ottimo “prete da oratorio”: la capacità di stare con tutti i ragazzi, quell’allegria contagiosa, e contemporaneamente la profondità di comunicare la parola di Dio con serietà, sono
tutte qualità che ne hanno caratterizzato la crescita.
La prima Messa in San Gregorio fu una grande festa, attorniato dalla sua famiglia e
dai tantissimi amici: qualche mese dopo don Giuseppe iniziava il suo ministero come
coadiutore nelle parrocchie dell’Annunciazione e poi successivamente di Santo Spirito.
Come era prevedibile, il suo carisma con i ragazzi ha lasciato segni molto positivi: in
particolare, mi ricordo quando mi parlava dei pellegrinaggi in Terra Santa o dei viaggi
che aveva organizzato con i suoi giovani, uno addirittura in Uruguay, se non ricordo
male; inoltre, la sua attenzione alla bellezza dell’arte, lo ha portato a usare questo
linguaggio per avvicinare ulteriormente adulti e giovani.
Proprio quando era a Santo Spirito che ci fece vedere i mosaici che aveva saputo realizzare coinvolgendo i suoi parrocchiani in un percorso artistico, ma soprattutto educativo: noi suoi amici eravamo stupiti per l’idea pastorale che stava alla base di tutto ciò e della qualità del risultato finale.
Poi nel 2007 don Giuseppe viene nominato parroco presso la comunità della Beata
Vergine Addolorata in Morsenchio, dove tuttora si trova: ho un ricordo ancora molto
chiaro della celebrazione in cui lui fece l’ingresso ufficiale in quella parrocchia, ma sono
stati soprattutto gli anni successivi, in cui mi è capitato di andarlo a trovare con incontri
sporadici, che mi hanno fatto percepire i bellissimi frutti che lui aveva aiutato a far crescere. Tutte le volte respiravo un clima di accoglienza, il sorriso e l’allegria delle persone sapevo bene da chi derivavano; ma fu soprattutto in occasione del crollo parziale del soffitto della chiesa, mi pare nel 2011, che don Giuseppe ha saputo far camminare unita la comunità la quale, rimboccatasi le maniche, è riuscita a
superare un momento e una prova decisamente impegnativi.
Quante volte l’ho sentito dire: “ringrazio il Signore per la comunità nella quale mi ha
messo, mi sta dando sicuramente più di quello che io sto dando a lei”.
E desidero concludere riparlando ancora dei mosaici, che don Giuseppe ha creato
anche in quest’ultima parrocchia: credo che il primo di questi risalga al 2008, nella
Cappella della Shekinà (Santa Presenza), poi ad esso ne sono succeduti altri. All’inizio
di quest’anno il suo amico padre Marko Rupnik, sacerdote artista sloveno, è passato a
trovarlo e, oltre a ricevere una straordinaria accoglienza, non ha nascosto la sua sorpresa nel vedere le opere artistiche che quella comunità aveva realizzato,
in cui la sua influenza e il suo stile erano decisamente palesi. Ma oltre ad apprezzare
i mosaici fatti in questi anni lui ha visto “l’altro grande mosaico” che tutti insieme
hanno realizzato: la comunità riunita intorno al Signore. Allora anche noi, tua comunità
originaria, ci riuniamo attorno al Signore per ringraziarLo della tua vocazione, del
bene che hai lasciato fra di noi e preghiamo per il tuo ministero sacerdotale.
Tantissimi
auguri don Giuseppe!
Oggi viene inaugurata a Gerusalemme l’ambasciata degli USA. Pubblichiamo il commento a questo episodio di cronaca fatto dal Dott.Venturoli, che mette in evidenza le dinamiche che muovono dentro le famiglie, quindi anche le nostre, rilativamente a ciò che induce a compromessi, complicità, omertà, privilegiando il proprio interesse rispetto al bene comune. L’analisi di Venturoli, che va letta con calma soppesando i passaggi del pensiero, evidenzia linguaggi e strutture che sono alla base della cultura deviata delle famiglie… si proprio cosi, quello che intendete ora… le famiglie mafiose; dove un certo modo di intendere i legami, unito a un uso prepotente dell’illegalità, somatizza violenza e scelte che creano una cultura deviata. Ovviamente il paragone vuole essere volutamente provocatorio, ma sufficientemente stimolante nel valutare cosa capita nelle nostre famiglie quando si toccano i propri interessi; quali sono i valori prioritari, su quali scelte si converge, che passaggi si ha (o non si ha) il coraggio di agire.
Si parte da un episodio che sembra lontano da noi (ma è una miccia che innescherà tanto) e tra le righe si intravedono dinamiche molto, molto a noi contigue.
“La politica estera di Trump è decisa con il marito di sua figlia, suo consigliere di fiducia per le questioni questionig mediorientali.
In passato la famiglia era considerata il principale luogo di socializzazione, oltreché di iniziazione alla fede, propedeutico alla entrata, da adulti, nella posizione già assegnata, nella società civile.
Non era al di sopra della dimensione pubblica e, a volte, censo e interessi politici potevamo andare a discapito dei legami famigliari e di sangue.
La storia è piena di padri, figli, madri, fratelli, sorelle, zii e zieassassinati o assassini, per questioni di potere.
Oggi in molti ambiti si mischiano relazioni famigliari e funzioni pubbliche:
imprese, professioni, politica, spettacolo, organizzazioni mafiose e criminali, con un
tendenziale predominio dei legami famigliari sulle pubbliche funzioni.
Unità di misura di queste relazioni “pasticciate” non è quella degli affetti, come si afferma, ma la complicità su interessi collusi, condivisi e goduti.
Ne è conferma la lotta all’ultimo sangue che avviene tra questi consanguinei, ad ogni spartizione di eredità.
Vi è una responsabilità anche della Chiesa Cattolica in questo ribaltamento di valori.
Nei Vangeli si esorta a vedere i bisogni del prossimo e ad agire nella carità e giustizia, senza nulla sottrarre alle persone con cui si vive.
Oggi gli interessi della famiglia, per molti post-moderni vanno “difesi” anche “ a discapito” del prossimo.
Costoro per la famiglia giustificano, l’evasione, la corruzione, l’appropriazione indebita, la raccomandazione.
Ideologizzare la famiglia significa giustificare tutte le nefandezze che possono accadere al suo interno.
Difenderla sempre e comunque anche quando c’è un padre pedofilo, una moglie “complice” (per non rompere la famiglia naturalmente) e fratelli ciechi; oppure quando si fanno carte false per evitare tasse, porta a queste aberrazioni.
La famiglia è, o dovrebbe essere, il luogo sacro degli affetti, dovrebbe entrarvi il memo possibile la polvere del mondo. Li si viene educati alla relazione con se e gli altri.
La famiglia Trump ha deciso di spostare l’ambasciata Americana a Gerusalemme città, per metà, occupata dall’esercito israeliano e, per l’altra metà già appartenente, dal ‘48, allo Stato d’Israele, soggetta all’autorita’ di un Governatorato Militare, a sua volta soggetto al diritto internazionale.
La famiglia Trump, usando il potere che gli hanno dato gli americani, ha calpestato il diritto internazionale a discapito di una vera convivenza tra i popoli. Viene spacciato come atto di pace ma, in realtà è un atto di guerra, che radicalizzera’ ulteriormente le divisioni.
È la rappresentazione fenomenologica di come il familismo se arriva al potere è devastante per la società così com’è lo è un cancro nel nostro organismo.”
Dott. Venturoli Sandro
Sono indignato per quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi verso i migranti, nell’indifferenza generale. Stiamo assistendo a gesti e a situazioni inaccettabili sia a livello giuridico, etico ed umano.
È bestiale che Destinity, donna nigeriana incinta, sia stata respinta dalla gendarmeria francese. Lasciata alla stazione di Bardonecchio, nella notte, nonostante il pancione di sei mesi e nonostante non riuscisse quasi a respirare perché affetta da linfoma. È morta in ospedale dopo aver partorito il bimbo: un raggio di luce di appena 700 grammi!
È inammissibile che la Procura di Ragusa abbia messo sotto sequestro la nave spagnola Open Arms per aver soccorso dei migranti in acque internazionali, rifiutandosi di consegnarli ai libici che li avrebbero riportati nell’inferno della Libia.
È disumano vedere arrivare a Pozzallo, sempre sulla nave Open Arms, Segen, un eritreo di 22 anni che pesava 35 kg, ridotto alla fame in Libia, morto poche ore dopo in ospedale. Il sindaco che lo ha accolto fra le sue braccia , inorridito ha detto :”Erano tutti pelle e ossa, sembravano usciti dai campi di concentramento nazisti”.
È criminale quello che sta avvenendo in Libia, dove sono rimasti quasi un milione di rifugiati che sono sottoposti-secondo il il Rapporto del segretario generale dell’ONU ,A. Guterres- a “detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale , a lavori forzati e uccisioni illegali.” E nel Rapporto si condanna anche ”la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia Costiera libica nei salvataggi e intercettazioni in mare.”
È scellerato, in questo contesto, l’accordo fatto dal governo italiano con l’uomo forte di Tripoli, El- Serraj (non c’è nessun governo in Libia!) per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa.
È illegale l’invio dei soldati italiani in Niger deciso dal Parlamento italiano, senza che il governo del Niger ne sapesse nulla e che ora protesta.
È immorale anche l’accordo della UE con la Turchia di Erdogan con la promessa di sei miliardi di euro, per bloccare soprattutto l’arrivo in Europa dei rifugiati siriani, mentre assistiamo a sempre nuovi naufragi anche nell’Egeo: l’ultimo ha visto la morte di sette bambini!
È disumanizzante la condizione dei migranti nei campi profughi delle isole della Grecia. “Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi- ha detto l’arcivescovo Hyeronymous di Grecia a Lesbos- è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza la “bancarotta dell’umanità.”
È vergognoso che una guida alpina sia stata denunciata dalle autorità francesi e rischi cinque anni di carcere per aver aiutato una donna nigeriana in preda alle doglie insieme al marito e agli altri due figli, trovati a 1.800 m , nella neve.
Ed è incredibile che un’Europa che ha fatto una guerra per abbattere il nazi-fascismo stia ora generando nel suo seno tanti partiti xenofobi, razzisti o fascisti.
“Europa , cosa ti è successo?”, ha chiesto ai leader della UE Papa Francesco. È questo anche il mio grido di dolore. Purtroppo non naufragano solo i migranti nel Mediterraneo, sta naufragando anche l’Europa come “patria dei diritti”.
Ho paura che , in un prossimo futuro, i popoli del Sud del mondo diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti. Per questo mi meraviglio del silenzio dei nostri vescovi che mi ferisce come cristiano, ma soprattutto come missionario che ha sentito sulla sua pelle cosa significa vivere dodici anni da baraccato con i baraccati di Korogocho a Nairobi (Kenya). Ma mi ferisce ancora di più il quasi silenzio degli Istituti missionari e delle Curie degli Ordini religiosi che operano in Africa. Per me è in ballo il Vangelo di quel povero Gesù di Nazareth :”Ero affamato, assetato, forestiero…” È quel Gesù crocifisso, torturato e sfigurato che noi cristiani veneriamo in questi giorni nelle nostre chiese, ma che ci rifiutiamo di riconoscere nella carne martoriata dei nostri fratelli e sorelle migranti. È questa la carne viva di Cristo oggi.
padre Alex Zanotelli
…. Iniziata con i Quaresimali che ci hanno aiutato a capire che la vita buona del Vangelo ci salva e ci dona la grazia di una vita accompagnata dalla speranza, ha avuto il momento culminante nel Triduo dove abbiamo pregato e accompagnato i nostri catecumeni con grande commozione a ricevere i Sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucarestia.
Ringraziamo il Signore per questa abbondanza di bene che abbiamo condiviso con i nostri Sacerdoti, le nostre famiglie, i collaboratori e soprattutto con i nostri giovani e i nostri bambini.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”. (Arthur Schopenhauer – ‘Parerga e Paralipomena’)
L’essere umano tenta da sempre di stringere legami forti e duraturi con altre persone, ma proprio quando la vicinanza con l’altro si riduce ci si espone apertamente alle “spine”. Non a caso quando si entra in maggior contatto con una persona si rischiano i dolori più profondi, ma al contrario anche rimanendo lontani non si ha la possibilità di sopperire al freddo con il calore umano, vitale per l’uomo. Qual’ è la corretta distanza da mantenere nelle relazioni (d’amicizia e non) per avere il giusto calore e allo stesso tempo evitare le spine? È meglio patire il freddo o dolore per la puntura delle spine?
A noi piacerebbe rispondere in maniera chiara perchè ciascuno cerca punti fermi e sicuri … ma questo racconto ci svela che forse la scelta più lungimirante non è definirsi in una posizione ma avere la pazienza della relazione che richiede dinamismo, movimento, sapersi continuamente mettersi in gioco e capire che questa agilità del cuore è la giusta misura!
29 gennaio 2018, in una sera piena della tipica nebbia milanese … cosa sarà successo di strano a Morsenchio? P. Marko Rupnik è stato per una sera ospite della nostra comunità, a casa di don Giuseppe, mentre era di passaggio per una conferenza ai Parroci della città di Milano.
La sua breve permanenza- ci ha permesso di incontrarlo e di mostragli i nostri mosaici- è stata un grande dono per la nostra comunità che è molto abitata dalla sua spiritualità e abitata oramai da molti mosaici.
L’incontro (nella nebbia) è stato spettacolare -da far sbarrare gli occhi anche a padre Rupnik-… il salone dell’oratorio, a quell’ora di sera (non proprio in un orario e un clima agevole!) pieno di famiglie, adolescenti, giovani, adulti, educatori, catechiste, allenatori, CPP…
… si, c’era la nebbia, ma si sono visti benissimo i mosaici che il buon Dio ha messo in questa comunità, dove ciascuno è tessera preziosa e necessaria … e non importa la sua forma, perchè tutti riuniti dallo Spirito che rende santa la comunione … così com’è… splendida armonia delle nostre misere imperfezioni!
Abbiamo anche visto
la commozione di un uomo sapiente che ama Dio per l’accoglienza ricevuta
abbiamo visto la sua gioia nell’incontrare i nostri ragazzi e giovani
l’immediata cordialità di chi raggiunge il cuore e parla al cuore… e tutti siamo rimasti commossi e onorati per la sua riconoscenza.
Gli abbiamo fatto vedere i mosaici che abbiamo fatto in questi anni e lui ci dice che ha visto “un altro grande mosaico” che tutti insieme abbiamo realizzato in questi anni: la comunità riunita intorno al Signore.
Le sue parole e la sua benedizione finale sono state come un balsamo che incoraggia e sprona l’animo al bene.
Questa sera abbiamo anche imparato che le relazioni, quando sono vere, non si misurano sulla quantità, ma sull’intensità delle sintonie spirituali. Ci si vede … ed è come se da sempre ci si frequentasse. In questo breve tempo di incontro, semplicemente e per Grazia, abbiamo gustato la verità di una profonda amicizia nel Signore.
Non so se riusciremo a visitare l’Atelier del centro Aletti (http://www.centroaletti.com/),
non so se riusciremo a fare qualche opera insieme
non so se riusciremo a visitare la Cappella del Papa
siamo sicuri che l’incontro di questa sera ci ha fatto volere più bene.
ps: Caro padre Marko, se per caso tu riescissi a farci fare anche solo qualcuna di queste cose …noi (oltre a volere bene a te e alla tua comunità)… saremmo molto contenti!!! :):):)
… cosa vuoi, siamo così, … spontanei … un po’ del Viale,
ma quando passi ricordati: tu qui sei di casa!
ps: seguiranno le pubblicazioni di altre foto e delle parole che il padre ci ha rivolto
Che Gesù sia nato ebreo non c’è nessun dubbio, come Maria sua madre è stata ebrea (è ebreo chi è figlio di madre ebrea): ce lo dicono i tre Sinottici e lo affermano tutti quelli che parlano di Maria. Ricordiamo Giuseppe quale marito di Maria: anche il marito è ebreo. Se la madre è ebrea il figlio è ebreo, perché l’ebraicità di un essere che nasce si riferisce alla madre; ragione per cui, Gesù è nato ebreo.
I cristiani devono molto agli ebrei. L’adorazione, ad esempio. L’adorazione in sinagoga alla sua radice è il servizio cristiano della Parola: le letture tratte dalle Scritture dell’Antico Testamento, da un lezionario, gli inni, le preghiere e la predica. La predica stessa è un’invenzione ebraica; nella pratica pagana non c’era niente di simile. I primi cristiani hanno preso il servizio nella sinagoga e vi hanno aggiunto “lo spezzare il pane”.
E’ una contraddizione che un cristiano sia antisemita. Un po’ le sue radici sono ebree. Un cristiano non può essere antisemita! L’antisemitismo deve essere bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna! E un cristiano deve avere il coraggio di fare ciò che è la cosa giusta: proteggere il fratello quando è in pericolo. Esiste l’importante riflessione teologica attraverso il dialogo tra ebrei e cristiani, ma è anche vero che esiste un dialogo vitale, una vera e concreta cultura dell’incontro, quello dell’esperienza quotidiana che porta a relazioni autentiche, senza pregiudizi e sospetti, che ci fa sentire, prima di tutto, … tutti uomini … e tutti figli dello stesso Padre.
Padre nostro che sei nei cieli, venga il tuo regno!
Rinnova il dono del tuo Spirito per la nostra Santa Chiesa perché viva il tempo che tu le concedi come tempo di grazia,
attenda con ardente desiderio il compimento delle tue promesse,
sia libera da paure e pigrizie,
inutili nostalgie e scoraggiamenti paralizzanti,
sia vigile per evitare superficialità e ingenuità,
sia fedele al Vangelo di Gesù e alla santa tradizione
e tutte le genti si sentano pietre vive dell’edificio spirituale
che custodisce la speranza di vita e di libertà
e annuncia l’unico nome in cui c’è salvezza,
il nome santo e benedetto del tuo Figlio Gesù.
Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà!
Rinnova il dono del tuo Spirito per la nostra Santa Chiesa e per ogni vivente, perché siamo sempre tutti discepoli, disponibili all’ascolto reciproco, pronti a consigliare:
donaci parole sincere e sapienti, liberaci dalla presunzione e dallo scetticismo.
Aiutaci ad essere docili alle rivelazioni che tu riservi ai piccoli e aperti alla gioia di camminare insieme, di pensare insieme, di decidere insieme, perché il tuo nome sia benedetto nei secoli e la terra sia piena della tua gloria.
guarda e proteggi me e tutti noi;
guarda i miei limiti e aiutami a superarli;
guarda le mie infedeltà e perdonami;
guarda il tuo amore e abbi misericordia;
guarda la mia confusione e diradala;
guarda la mia debole fede e rinforzala.
Fammi guardare dentro il mio cuore
e riconoscere lealmente chi sono.
Purifica il mio sguardo
e aiutami a superare antipatie e giudizi.
Illumina il mio sguardo perché mi accorga
di come vivo la mia vocazione.
Il nostro reciproco sguardo mi apra a ogni persona
e mi trattenga dal ritenermi migliore degli altri.
Il mio sguardo sia il tuo sguardo, per te, con te, in te.
La Scrittura parla degli uomini di Dio e dice che il loro passaggio è stato una benedizione! Questa sera abbiamo avuto questa sensazione in modo intenso: in un semplice e breve passaggio percepire la commozione di chi “viene nel nome del Signore”, con la semplicità sconcertate della normalità, con i gesti semplici della preghiera e le parole di chi vuole bene al Signore e alla sua Chiesa, che deve servire come Vescovo.
La benedizione di una Comunità: presenze che riempiono il cuore per l’attenzione e la preghiera, la partecipazione traboccante e imprevedibile di bimbi, genitori, adulti, anziani, che ha anche sorpreso il Vescovo Mario “sono tantissimi!”. Questa sera, in questo breve momento di preghiera, segnato dalla semplicità e dalla commozione, sei passato tra noi … come una benedizione! Il Signore benedica anche te Arcivescovo Mario, ti benedica e ti custodisca!
Da qualche giorno sulla porta del suo appartamentino a Santa Marta è apparso un eloquente quanto ironico cartello, che recita: «Vietato lamentarsi». Vi si legge che «i trasgressori sono soggetti da una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi». Che «la sanzione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di bambini». E conclude così: «Per diventare il meglio di sé bisogna concentrarsi sulle proprie potenzialità e non sui propri limiti quindi: smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita».
A notarlo sono stati gli interlocutori più recenti del Pontefice invitati a Santa Marta, tra i quali un anziano sacerdote italiano, amico di lunga data, il quale – dopo aver chiesto l’autorizzazione – l’ha fotografato per divulgarlo. Era stato lo stesso Francesco a farglielo notare al termine dell’udienza avvenuta all’inizio della settimana ed entrambi avevano sorriso.
Quel cartello è un’invenzione dello psicologo e psicoterapeuta dal nome biblico Salvo Noè, autore di libri e di corsi motivazionali. Nell’ultimo dei suoi volumi ha dedicato alcune pagine proprio a Bergoglio. Lo scorso 14 giugno, al termine dell’udienza in piazza San Pietro, Noè aveva potuto salutare per alcuni istanti Francesco: gli aveva donato il libro, un braccialetto e il cartello immediatamente apprezzato dal Papa che aveva replicato: «Lo metterò alla porta del mio ufficio dove ricevo le persone». Ora, l’«ufficio» del Papa dove avvengono solitamente le udienze è nel palazzo apostolico, la cui austerità e bellezza non si sarebbero certo sposate bene con quel divieto un po’ goliardico. Così Francesco ha deciso di appenderlo fuori dalla porta del suo appartamento.
In molte occasioni l’autore dell’esortazione «Evangelii gaudium» (la gioia del Vangelo) ha invitato i cristiani ad abbandonare l’atteggiamento di continua lamentela: «A volte – aveva detto alcuni mesi dopo l’elezione – alcuni cristiani malinconici hanno più faccia da peperoncino all’aceto che di gioiosi che hanno una vita bella!»
“verso sera bisogna, prima di abbandonarsi al sonno, evitare le conversazioni, allontanare le agitazioni ed i rumori della giornata, purificare la propria intelligenza turbata, rendersi calmo e adatto a ricevere dei sogni salutari”
Giamblico: De vita phytagorica 15,65
Oramai ci siamo … con l’inizio dell’anno scolastico si torna tutti a casa dopo il tempo delle vacanze e della villeggiatura. Ho pensato molto a questo gesto del rientrare a casa, perchè di per sè che non viene compiuto solo in occasione del tempo estivo, ma scandisce un po’ tutta la nostra quotidianità … ogni giorno di per sè “si rientra a casa” alla sera dopo un viaggio nei propri doveri e compiti (certamente meno coinvolgenti ed entusiasmanti delle vacanze). Si ritorna e si ENTRA IN CASA!
Nella Sacra Scrittura, Mosè leva i sandali per entrare nel recinto del Roveto Ardente, alla presenza di Dio.
Anche nell’Islam questo confine tra un fuori e un dentro è mantenuto per la preghiera e per la vita famigliare. Entrando in casa, come in moschea si è invitati a togliere le scarpe. È il modo dei beduini, di entrare nella tenda a piedi scalzi, “scrollando la polvere del deserto”. Non è una questione di pulizia ma di confidenza, intimità e accoglienza.
Addirittura vi è l’esempio di quegli industriali giapponesi che, rientrando nel loro ambiente, lasciano il loro completo di giacca e cravatta per rivestire un Kimono, ed abbigliati così, dopo il bagno, celebrano pacifici e silenziosi la cerimonia del the’.
Cambiare di abito o togliere le scarpe entrando in casa, significa, cambiare di clima, di luogo, di “tempo”. Lasciare gli abiti, anche mentali, che significano l’azione, l’appartenenza sociale, per stare, così, “spogliati”, da ruoli, immagini, rappresentazioni, nella ricerca di se e dell’incontro umano.
È’ un passaggio, simbolicamente evidente, tra il mondo esterno e il mondo interiore.
Entrando nella propria abitazione occorrerebbe imparare a togliere simbolicamente e mentalmente i sandali, scrollandosi di dosso la polvere del mondo, con le sue preoccupazioni, urgenze, impegni.
Ben altro dal varcare la soglia parlando al telefono, una mano occupata con la chiave o la spesa e l’altra alla ricerca di un telecomando, per risentirsi “avvolti” dal rumore del mondo.
È, il significato della Mezuzah, un contenitore, affisso sugli stipiti delle porte degli ebrei, che contiene una pergamena con due brani della Shema, la preghiera fondamentale dell’ebraismo, e ricorda la notte dello sterminio dei primogeniti egiziani; chi varca la soglia l’accarezza, come a richiamare protezione dell’angelo sulla famiglia.
Si varca una soglia che divide il mondo del “fare” dal mondo “dell’essere”.
Si sta entrando nel luogo sacro degli affetti e dell’esperienza di sé.
Li si “rigenerano”, le energie per tornare ad affrontare la realtà con serena consapevolezza.
Non sarebbe male se anche noi, rientrando ogni giorno a casa, ritrovassimo questa nostra calda, tenera e “forte”, energia “vitale”.
Non sarebbe male se custodissimo questo senso del sacro ogni volta che varchiamo la soglia di ogni incontro e si entra nella storia, nella casa e nella vita degli uomini.
Relazioni e incontri che hanno il gusto e lo stupore del sacro rispetto di chi è cosciente che entra nella relazione con gli altri.
Dove manca questo senso di rispetto e di consapevole sacralità, rimane solo una devastante invasione, che brutale si impossessa di cose e persone.
Un discepolo del Signore sa bene cosa significa e come varcare certe soglie che hanno il gusto del ritornare a casa.
Buon ritorno a casa a tutti!
don Giuseppe Facchineri
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Dacci sapienza per leggere la vita e la realtà attraverso gli occhi suoi.
Aiutaci a capire cosa bisogna fare, facci imparare a vedere il mondo
col tuo sguardo di saggezza.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Dona alla mente intelletto per capire il tuo disegno grande su di noi. Infondi in noi la voglia di vita buona e vera, con il tuo aiuto comprenderemo il senso del nostro percorso.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Alcune volte la vita è complicata e non si sa che strada prenderà.
Per ogni cuore in dubbio ci doni il tuo consiglio,
e ogni passo lungo il cammino sarà fermo e più sicuro.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Dona fortezza a chi sente la stanchezza e a chi si trova in difficoltà.
Non farci scoraggiare quando la vita è dura,
nelle fatiche di ogni giorno la Parola porta frutto.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Facci scoprire ogni cosa del creato che è stupenda opera di Dio.
Il dono della scienza aprirà i nostri occhi,
e scopriremo che il mondo è bello perché è frutto del Suo amore.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
E scopriremo in lui l’amico vero a cui affidarci con serenità.
Che tutta la sua Chiesa possa seguir nei passi:
nella pietà a ci legheremo a lui e resteremo saldi.
Se resti in noi Santo Spirito vivremo proprio come Gesù.
Rendici docili e lasciaci guidare come un bimbo con il suo papà.
Il Padre sa che fare, non ci farà sbagliare:
timor di Dio non è paura ma rispetto ed umiltà.
La vita di un cristiano poi è doppiamente avventura, perché è la sete stessa di Dio che lo sospinge avanti, perché è Dio stesso che chiama a camminare con Lui e verso di Lui… Nessuno è più viandante di un cristiano. Il cristiano ha sete di tutte le cose visibili ed invisibili; la sete che non si può frazionare in piccole avventure, saldato com’è a Qualcuno, che pur non conoscendo ancora bene, pur non sapendo con qual nome chiamarlo, sa di dover cercare nella più bella avventura che è la vita… che ci ha donato!
1° RIFLESSIONE – INIZIO DEL PELLEGRINAGGIO
Mt 4,18-22 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” . Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Preghiera del Cammino
Signore, illuminami e guidami nella fede, nella speranza e nella carità.
La strada che tu hai percorso sia da me seguita.
Tutto ciò che tu ami sia da me amato.
Tu, Luce, illumina le mie tenebre.
Tu, Forza, sorreggi la mia debolezza.
I miei occhi siano i tuoi occhi,
le mie mani siano le tue mani,
le mie spalle siano le tue.
Il mio cuore sia il tuo cuore, affinché i fratelli,
tramite la mia umile e fedele presenza,
possano incontrare Te e, nella fede, vederti e amarti.
Signore, prendimi come sono e fammi come tu mi vuoi.
2° RIFLESSIONE
Mc 10, 35-40
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: “Maestro, vogliamo che tu ci faccia per noi quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato” .
PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II SULLA TOMBA DI SAN GIACOMO
O san Giacomo di Compostela,
davanti alla tua tomba
veniamo come pellegrini
di tutti i cammini del mondo,
per onorare la tua memoria
e implorare la tua protezione.
Per il nostro pellegrinaggio
abbiamo bisogno del tuo ardore
e della tua audacia.
Tu che sei il patrono dei pellegrini,
guida il nostro pellegrinaggio cristiano.
I popoli sono venuti qui da lontano;
ora tu vieni con noi
all’incontro di tutti i popoli.
Con te vogliamo dire a tutte le genti
che Cristo è Via, Verità e Vita.
3° RIFLESSIONE
Dal Libro della Genesi
Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. 2Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. 3Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». 4Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot.
Come per Abramo
Abramo: il pellegrino della fede per eccellenza… come per Abramo anche per noi la promessa del senso autentico della vita diventa voce che chiama a partire, a uscire dalla false sicurezze e a fidarsi solo della sua Parola.
La voce della tua fantasia, dei tuoi sogni, dei tuoi desideri più coraggiosi, dei tuoi ideali più alti ti chiama e ti invita a metterti per strada: è la voce di Dio, di quel Dio che ti abita dentro e che ti vuole fare più grande, ti vuole più libero, e ti porta fuori.
Come per Abramo, Dio ti conduce fuori e ti dice: “Alza gli occhi e conta le stelle del cielo, se puoi. Così sarà la tua posterità” (Gn 15,5).
È Dio che ti vuole fare capire il senso profondo della tua vita, di questa tua esistenza che troppo spesso ti appare stupida o assurda, inutile per te e gli altri: è Dio che vuole aiutarti a capire la tua fede, il tuo rapporto con Lui.
E non c’è modo migliore che “uscire”, mettersi in cammino, abbandonando le sicurezze e le abitudini troppo pesanti, che soffocano il tuo slancio e ti chiudono nella tua povertà quotidiana.
Mettersi per strada è, allora, anche un modo per verificare la propria fede, per accorgersi realmente del valore del credere, per toccare con mano che cosa significa “cercare”, cioè sapere e non ancora vedere, sentire la mancanza di qualcosa che preme e di cui si ha bisogno, avvertire un vuoto che non può restare ed esige di essere colmato.
(G. Basadonna, Spiritualità della strada, p. 52)
Signore, Abramo si è lasciato guidare da te, pur non vedendo chiaramente dove lo conducevi: fa’ che possiamo anche noi accettare di farci guidare docilmente dalla tua Parola. Perché lo sappiamo, Signore, che sarai tu a guidare i nostri passi.
Noi ti preghiamo: Rendici come Abramo
Signore, la missione che affidi ad Abramo è difficile. Tu gli chiedi di lasciare tutto. Gli chiedi il coraggio di lasciare il paese in cui abita per andare verso una terra sconosciuta. Rendici disponibili ad accogliere le tante cose nuove e interessanti che ci verranno proposte.
Noi ti preghiamo: Rendici come Abramo
Signore, la missione che hai affidato ad Abramo è immensa. Tu vuoi che ci siano tante persone che, dietro di lui e come lui, costruiscano un mondo migliore, in cui ci sia fiducia in te. Noi ti ringraziamo per averci donato delle famiglie che ci danno il necessario per la vita: fa’ che ci aiutino sempre più a crescere anche nella fede.
Noi ti preghiamo: Rendici come Abramo.
4° RIFLESSIONE
Dal libro del Deuteronomio
Un arameo errante era mio padre.
Scese in Egitto e vi dimorò come straniero con poca gente».
Spiritualità da pellegrini
“Arameo errante era mio padre”: così comincia la confessione di fede del popolo di Israele. Da quando Abramo si mette in cammino ogni credente sa che la sua vita non può che essere che una peregrinatio fidei, cioè un pellegrinaggio di fede…
Il “pellegrino”… è solo un’immagine della nostra condizione di cristiani.
“Noi tutti – scrive Sant’Agostino – siamo dei pellegrini. Il cristiano è colui che, perfino nella sua casa e nella sua patria, si riconosce come pellegrino”.
E si potrebbe aggiungere che la spiritualità del pellegrino è la spiritualità tout court del cristiano: “ricondotta all’essenziale e vissuta nella sua avventurosa pienezza”.
Mettendosi in cammino, il pellegrino risponde a una chiamata, scegliere poche cose, perché aspira a un bene più prezioso.
Il suo ritratto… è fatto di poche, essenziali pennellate: “Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino della specie più misera, errante di luogo in luogo.
I miei beni terrestri sono una bisaccia sul dorso con un po’ di pan secco e, nella tasca interna del camiciotto, la sacra Bibbia. Null’altro
[N.d.R. Questa citazione è stata tratta dallo stupendo inizio de I racconti di un pellegrino russo]”.
Preghiamo insieme:
Guida, Signore, il nostro cammino.
Padre Santo, che al tuo popolo pellegrinante nel deserto ti offristi come luce e guida, veglia sui nostri passi, perché, liberi da ogni pericolo, possiamo arrivare alla mèta e tornare lieti alle nostre case.
Tu ci hai dato il tuo unico Figlio come via per giungere a te, fa che lo seguiamo sempre con fedeltà e perseveranza.
Tu nella Vergine Maria ci hai donato l’immagine e il modello della sequela di Cristo, fa’ che guardando a lei camminiamo in perenne novità di vita.
Tu per mezzo dello Spirito Santo conduci a te la Chiesa pellegrina nel mondo, fa’ che cercandoti sopra ogni cosa corriamo nella via dei tuoi precetti.
Tu che ci chiami a te attraverso i sentieri della giustizia e della pace, fa’ che al termine della vita possiamo contemplarti nella patria beata. Padre nostro.
5° RIFLESSIONE
Dal libro dell’Esodo 14, 21-22
21 Allora Mosè stese la sua mano sul mare e il Signore fece ritirare il mare con un forte vento orientale, durato tutta la notte, e lo ridusse in terra asciutta. Le acque si divisero, 22 e i figli d’Israele entrarono in mezzo al mare sulla terra asciutta; e le acque formavano come un muro alla loro destra e alla loro sinistra.
La strada
Ce lo ricorda l’esperienza del popolo di Israele: la strada del pellegrinaggio è anche la strada della liberazione: perché in ogni cammino ci si lascia dietro il superfluo, ci si libera da qualche catena…
La strada è una grande liberazione, ed è ben così che la vuole il Signore.
Sa che noi siamo schiavi di cose ingombranti, dei legami della nostra vita sociale. Ci offre attraverso la strada, la montagna, la povertà, questa liberazione di cui noi abbiamo sete. Che questo sia il vostro primo sforzo: liberarvi da ciò che appesantisce, che vi incatena.
Ma la strada non è un’evasione fuori dalla realtà, della vita, in un bel paese di sogno. Guardatela come una partenza, un inizio. Non ci fa sfuggire la vita, la casa, il dovere voluto da Dio.
Ci permetterà di impegnarci con un cuore nuovo in una comprensione più chiara, in una volontà più coraggiosa e più giusta.
Tutto il senso della strada sta dunque nell’impegnare al meglio la parte di noi che andiamo a riconquistare. Senza dubbio lasceremo cadere tutte le cose vane che credevamo necessarie, ma soprattutto, oseremo prendere a piene mani le cose difficili, dure, e di cui avevamo paura.
La strada deve aiutarci a fare insieme questo doppio lavoro, in uno scambio fraterno di confessione e di audacia. Non bisognerà soffrire di alcuna reticenza, di alcuna paura. Quando vi metterete in marcia a grandi passi, così farete anche nel vostro cuore. (P. Doncoeur)
Preghiamo insieme
Aprimi, o Signore, il sentiero della vita
e guidami sulle strade dei tuoi desideri;
insegnami i paesi della tua dimora
e fa risplendere ai miei occhi la meta delle mie fatiche.
Dammi di capire la bellezza delle cose.
Donami di comprendere la bontà delle cose
e di saperne usare rettamente
per la tua gloria e per la mia felicità.
La mia preghiera, il mio canto, il mio lavoro,
tutta la mia vita, siano espressioni di riconoscenza verso di te.
Concedimi di capire gli uomini che incontro sul mio cammino
e il dolore che nascondono, quelli che dividono con me la fatica della strada,
l’amore dell’avventura, la soddisfazione della scoperta.
Dammi il dono della vera amicizia e della vera allegria;
fammi cordiale, attento, puro, magnanimo, misericordioso. Amen.
6° RIFLESSIONE
Dal vangelo secondo Luca (24, 28-35)
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
La più bella avventura
La vita di un cristiano poi è doppiamente avventura, perché è la sete stessa di Dio che lo sospinge avanti, perché è Dio stesso che chiama a camminare con Lui e verso di Lui…
Nessuno è più viandante di un cristiano. Un altro può sostare ove gli piace, poiché davanti ad ogni sorgente l’attende una sete. Il cristiano ha sete di tutte le cose visibili ed invisibili; la sete che non si può frazionare in piccole avventure, saldato com’è a qualcuno, che pur non conoscendo ancora bene, pur non sapendo con qual nome chiamarlo, sa di dover cercare in un’avventura, che gli impone il ritorno, qualora la strada non cammini.
(P. Mazzolari, Tempo di credere, p. 16)
Preghiamo insieme:
Ascoltaci, Padre buono,
Padre santo, fa’ che rientrando nella vita quotidiana, aderiamo a te con cuore aperto e animo generoso.
Tu ci aiuti a discendere in ogni fase del cammino i segni della tua presenza, fa’ che sentiamo accanto a noi il tuo Figlio lungo la via e lo riconosciamo alla mensa nello spezzare il pane.
Signore, grazie per questa esperienza di fede, fraternità e amicizia: fa’ che continui anche nella quotidianità della nostra vita.
RITO DI INVESTITURA DEL PELLEGRINO PER SANTIAGO DE COMPOSTELA 2017
Oggi il gruppo degli Animatori che il prossimo 10 luglio andranno verso Santiago de Compostela ha vissuto un momento solenne. Il mandato e la consegna della “compostela” attestazione del cammino spirituale e formativo fatto in quest’anno che prenderà forma anche nei percorsi fisici che vivranno a Santiago. Una META. un CAMMINO, un PERCORSO… così si vive da PELLEGRINI!
C’è una bella differenza tra essere PELLEGRINI o VIANDANTI.
IL VIANDANTE va per la strada, cerca la strada, ma si caratterizza per essere sempre per strada… spesso non importa dove si va. Tantissime persone sono solo viandanti in questa vita, sempre per strada, cercando posti o persone che rendano meno faticoso il cammino, più motivato l’avanzare; a volte con tantissimo impegno e anche retta sincerità… ma si rimane sempre sulla via …appunto viandanti.
San Paolo ci ricorda che siamo pellegrini su questa terra.
IL PELLEGRINO SA E VUOLE ARRIVARE ALLA META! Non cammina “vagando” ma “orientato” e sa che deve far convergere forze e intelligenza per non dispendersi nel tempo e nelle cose. Sin concentra per tenere il passo non perdendosi con le persone e negli incontri, ma imparando a camminare con le persone. L’obbiettivo è chiaro: la META. Solo lì ci si ritrova. Come una nave che è al sicuro dalle tempeste e dalle agitazioni, solo quando raggiunge il porto, al sicuro. Così l’uomo cammina bene nella vita, quando sa dove andare.
Aquì vive un pelegrino! Qui vive un pellegrino! Sapere che in questa comunità ci sono molti pellegrini, uomini e donne, giovani e bambini, anziani, famiglie che hanno una meta e sanno dove andare ci aiuta moltissimo nel cammino.
Con questa esperienza chiediamo a Dio Padre la grazia di vivere la vita non da viandanti, ma da PELLEGRINI!
Educatore: Si avvicinano all’altare i giovani che parteciperanno al pellegrinaggio a Santiago di Compostela.
Ora Maurizio Minchella, PRIORE del Capitolo Lombardo di Santiago de Compostela, spiegherà i segni e il senso dell’ investitura del pellegrino
Accipe hanc peram habitum peregrinationis tuae ut bene castigatus et emendatus pervenire merearis ad limina sancti Iacobi, quo pergere cupis, et peracto itinere tuo ad nos incolumis con gaudio revertaris, ipso praestante qui vivit et regnat Deus in omnia saecula saeculorum.
Ricevi questa bisaccia, attributo del tuo pellegrinaggio affinché, purificato ed emendato, ti affretti ad arrivare ai piedi di San Giacomo dove hai desiderio di arrivare e, compiuto il tuo viaggio, torni a noi sano e salvo con grande gioia, se così vorrà Dio che vive e regna nei secoli dei secoli.
Accipe hunc baculum, sustentacionem itineris ac laboris ad viam peregrinationis tuae ut devincere valeas omnes catervas inimici et pervenire securus ad limina sancti Iacobi et peracto cursu tuo ad non revertaris cum gaudio, ipso annuente qui vivit et regnat Deus in omnia saecula saeculorum.
Ricevi questo bastone, per sostegno nel viaggio e nella fatica sulla strada del tuo pellegrinaggio affinché ti serva a battere chiunque ti vorrà far del male e ti faccia arrivare tranquillo ai piedi di San Giacomo e, compiuto il tuo viaggio, tu possa tornare da noi con grande gioia, con l’aiuto di Dio stesso, che vive e regna nei secoli dei secoli.
INSIEME RECITIAMO LA PREGHIERA DEL PELLEGRINO
O Dio, che non neghi mai il tuo aiuto a coloro che ti amano, e fai sì che per coloro che ti amano nessuna terra è lontana: guida il cammino dei tuoi servi secondo la tua volontà, perché, con la tua protezione e il tuo aiuto, possano camminare senza peccato per sentieri di giustizia. Per Cristo, nostro Signore. Amen
Consegna delle credenziali personali e
Cosa ci siamo dimenticati?
Quando guardiamo il nostro mondo e le complessità drammatiche che vi succedono mi risuona martellante questo dubbio: cosa ci siamo dimenticati?
Lo spettacolo è sconcertante e sconcerta molti perchè sembra che non si trovi una via d’uscita, anzi… solo momenti di panico.”Prima noi”, “PRIMA IO” ci sta risucchiando in dinamiche pericolose dove ognuno nel mondo e nella politica, ma anche nella vita quotidiana, nella famiglia, nelle relazioni ci sta portando in una confusione che produce solo tensioni e alimenta conflitti? “PRIMA IO”!
Lo spettacolo penoso è sotto i nostri occhi quotidianamente:
a livello mondiale nel rapporto tra le nazioni; a livello nazionale nella grottesca misera di tutela di interessi di parte; nelle famiglie dove l’interesse personale di uomini e donne adulti priva molti figli negli affetti, sganciandosi della doverosa cura di chi ha accanto , fino a perdere il senso responsabile di essere una vero padre e una vera madre per i piccoli (e il Maestro ci ha avvertito di cosa succede a chi scandalizza i piccoli).
Cosa ci siamo dimenticati? Anche nella Chiesa, dove spesso ci si nasconde dietro il perbenismo della nostra fede in Dio; “ma io credo in Dio” … come se questo bastasse a sedare la nostra coscienza davanti al fatto che tutte queste cose capitano a noi… drammaticamente.
Ce lo ricorda l’esperienza dei fratelli dell’Islam che trova al suo interno “chi crede in Dio” in modo totale, ma con violenza inaudita, distrugge la comunità umana. (E neppure noi cristiani siamo stati esenti e siamo esenti da questa follia ideologica.)
E ci accorgiamo che non basta neanche dire di “credere in Dio”, per evitare l’amor di parte per il proprio gruppo, l’eccessivo amor proprio … per le proprie abitudini, il gusto della ribalta, i proclami di unità – anche tra comunità – solo quando fa comodo, trovando varie convenienze, molto spesso economiche più che spirituali, … e così si scende a compromessi “credendo in Dio!!!” e “facendo il bene!!!”.
Cosa ci siamo dimenticati? Che tutto questo non basta, anzi è pericoloso.
“A fin di bene” … ci accorgiamo che le cose però non stanno insieme. Cosa ci siamo dimenticati? … forse ci siamo persi l’insieme, che è un bene più grande del mio!
Ci siamo dimenticati che non esiste un Dio con cui mettere a posto il nostro io.
Forse, ogni tanto, ci siamo dimenticati delle parole del Maestro!
La festa di oggi è la SANTISSIMA TRINITA’,
che non ci dice l’ideologia in cui credere, ma ci rivela … come è DIO!!!
Lui, il Figlio prediletto e amato dal Padre, che ci dona il suo Spirito SANTO!
Ce lo dovremmo ricordare ogni volta che facciamo il segno della croce: Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Non basta dire che crediamo in Dio ma ricordarci che crediamo a come è LUI, Comunione, Comunita’, Dono reciproco, Sacrificio e Offerta di sè. Solo questa realtà ci dà vita.
ECCO COSA CI SIAMO DIMENTICATI … la realtà più vera della nostra fede!
Legarsi a questa realtà ci ricorda che io sono parte di questa comunione, che si vive di fraternità, che siamo parte tutti della comunità umana e che quando si pensa o si vuole fare il bene…occorre pensarsi insieme.
Pensarsi insieme, vivere in comunione, costruire la fraternità… tutto questo ci protegge dai numerosi e malati deliri della nostra miseria infinita.
Oggi 42 adolescenti ricevono il mandato educativo per prendersi cura durante l’estate dei più piccoli. Non sono perfetti, tuttaltro … sono adolescenti, con tutte le loro fragilità e fatiche. Ma hanno il coraggio di mettersi in gioco, gratis. Oggi è rarissimo trovare qualcuno che fa qualcosa gratis, senza aspettarsi nulla, che non abbia un tornaconto, … anche piccolo … neanche un grazie o un altro piccolo favore (“il favore” …. meccanismo molto italiano che genera piccole o grandi dinamiche di corruzione e mafia).
Cosa ci siamo dimenticati? Che la nostra vita vissuta insieme al Signore Gesù genera altra vita, e ci fa costruire un mondo migliore, una comunità migliore, delle famiglie migliori, una Chiesa migliore… che fare insieme, pensando all’insieme ci libera dallo stress di essere eroi solitari del nostro bene, ma ci rende “beati operatori di pace”, “uomini e donne di buona volontà a cui il Padre dona la pace”, “umili operai che lavorano nella vigna del Signore”. Questo comune lavoro edifica, questo sacrificio condiviso non si perde, questa dedizione al bene comune che ci ha insegnato lo Spirito del Signore (“la mia vita per voi e per tutti!”) ci salva! Ci salva dalla devastazione che ci circonda! Ci salva!
Voi siete molto giovani e siete il futuro nella Chiesa e in questo nostro mondo.
Scusateci quando ci siamo dimenticati di dirvi noi crediamo in DIO COMUNIONE D’AMORE, e vi abbiamo fatto vedere di credere in Dio, facendo tutte la schifezze del nostro Io. Scusateci… , noi adulti – invecchiando – perdiamo la memoria, ci dimentichiamo.. e diventiamo un po’ rintronati e rimbambiti … e ci dimentichiamo le cose e le persone … anche quelle più importanti.
Ricordatevi che noi crediamo in DIO COMUNIONE D’AMORE. Oggi iniziate in Oratorio un’esperienza che è scuola di vita: mettersi in gioco insieme,con impegno e sacrificio, per costruire un bene per tutti.
SIATE MIGLIORI DI NOI e aiutateci a migliorare!
Cosa ci siamo dimenticati?
Ecco…. voi ricordatecelo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
con affetto ai miei cari ragazzi
don Giuseppe
«E mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (At 2,1-4).
Non è tanto facile dimostrare a questo mondo di oggi che la pace è possibile. E’ possibile se noi siamo in pace tra noi! Se noi accentuiamo le differenze, siamo in guerra tra noi e non possiamo annunciare la pace. La pace è possibile a partire dalla nostra fede che Gesù il Vivente e ci dona il suo SANTO SPIRITO che ci rende capaci di vivere una diversità riconciliata.
Il libro degli Atti afferma: «Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (2,9-11). Parlare nella stessa lingua, ascoltare, capire… Ci sono le differenze, ma lo Spirito ci fa capire il messaggio della risurrezione di Gesù … E TUTTI CAPISCONO … NELLA LORO LINGUA! UNA DIVERSITÀ … RICONCILIATA!
Martin Lutero
Quando il piccolo completa la crescita: piumaggio, muscoli, nervi, desiderio di orizzonti ampi; scalpita per uscire dal nido e cominciare ad allontanarsene. L’Aquila adulta non glielo impedisce; lo accompagna nelle prime uscite e, quando capisce che è abbastanza forte, lo lascia andare e, esce dalla sua vista , salendo in alto e seguendo il suo volo con ampi cerchi.
Sa che è capace di volare, ma manca di alcune conoscenze fondamentali, per un predatore: il movimento e la forza dei venti, che può influenzare la sua direzione e la capacità, di organizzare le proprie forze in modo di non trovarsi troppo lontano dal nido al calare della notte, rischiando, di divenire preda, dei rapaci notturni.
Interviene solo se lo vede in difficoltà o in pericolo. Gli permette di sperimentare le proprie forze ed energie, i propri limiti, poi interviene; lo pone sulle sue ali e lo riporta al nido. L’Aquila è l’unico volatile che porta sulle ali il piccolo, gli altri li prendono delicatamente con gli artigli.
Nelle nostre società complesse nessuna famiglia potrebbe avere questo sguardo, sui propri figli, ma una comunità si, attraverso il modo in cui vengono formati e accompagnati alla crescita.
Alla base vi è il senso di responsabilità esperienzale e umana dei genitori e come vengono accolti nella loro singolarità e educati alla condivisione e al valore della diversità, a un “uguaglianza concreta” capace di valorizzare l’unicità di ciascuno.
Veramente il nostro futuro dipende da questo sguardo d’aquila, che può solo essere comunitario e tradursi in azioni profondamente radicate nelle realtà territoriali; favorendo sperimentazioni, indirizzando risorse, monitorandole, verificandole.
Signore Gesù, tu Maestro e Signore della mia vita, ti invoco affinché diventi sempre più coraggioso testimone della bellezza della tua costante Presenza. Per questo ho bisogno che tu mi possieda totalmente, perché io riesca a essere una cosa sola in te e diventi espressione profonda e limpida della tua volontà.
Spirito Santo, ti prego di aiutarmi a essere docile ai tuoi suggerimenti e segua sempre il tuo Vangelo. Illumina e guida in questo giorno i miei passi. La luce della tua presenza illumini il mio cammino.
Aiutami e consigliami in ogni situazione, affinché la mia vita possa far brillare un raggio della tua santità e l’ amore per la tua Chiesa.
Mi rivolgo a te Maria, Madre del Buon Consiglio, certo della tua preghiera e del tuo aiuto.
Signore Gesù, tu Maestro e Signore della mia vita, ti invoco affinché diventi sempre più coraggioso testimone della bellezza della tua costante Presenza. Per questo ho bisogno che tu mi possieda totalmente, perché io riesca a essere una cosa sola in te e diventi espressione profonda e limpida della tua volontà.
Spirito Santo, ti prego di aiutarmi a essere docile ai tuoi suggerimenti e segua sempre il tuo Vangelo. Illumina e guida in questo giorno i miei passi. La luce della tua presenza illumini il mio cammino.
Aiutami e consigliami in ogni situazione, affinché la mia vita possa far brillare un raggio della tua santità e l’ amore per la tua Chiesa.
Mi rivolgo a te Maria, Madre del Buon Consiglio, certo della tua preghiera e del tuo aiuto.
OMELIA DEL SANTO PADRE
Solennità della Beata Vergine Maria di Fátima
Sagrato del Santuario
Sabato, 13 maggio 2017
«Apparve nel cielo […] una donna vestita di sole»: attesta il veggente di Patmos nell’Apocalisse (12,1), osservando anche che ella era in procinto di dare alla luce un figlio. Poi, nel Vangelo, abbiamo sentito Gesù dire al discepolo: «Ecco tua madre» (Gv 19,26-27). Abbiamo una Madre! Una “Signora tanto bella”, commentavano tra di loro i veggenti di Fatima sulla strada di casa, in quel benedetto giorno 13 maggio di cento anni fa. E, alla sera, Giacinta non riuscì a trattenersi e svelò il segreto alla mamma: “Oggi ho visto la Madonna”. Essi avevano visto la Madre del cielo. Nella scia che seguivano i loro occhi, si sono protesi gli occhi di molti, ma… questi non l’hanno vista. La Vergine Madre non è venuta qui perché noi la vedessimo: per questo avremo tutta l’eternità, beninteso se andremo in Cielo. Continua a leggere SANTA MESSA CON IL RITO DELLA CANONIZZAZIONE DEI BEATI FRANCISCO MARTO E JACINTA MARTO
Fratelli, seguiamo il cammino di Cristo che conduce a salvezza.
Egli morì per noi, lasciando un esempio.
Sulla croce portò nel suo corpo i nostri peccati
perché, morendo alla colpa, risorgessimo alla vita di grazia.
Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” – Lc 21, 34-36
Per leggere i segni dei tempi, per attendere il Maestro e il suo ritorno nella gloria, abbiamo urgente bisogno di vegliare, di vigilare, di stare attenti, desti, pronti. Se il nostro cuore si appesantisce, non siamo più in grado di riconoscere la sua Presenza, di leggere la sua dolce presenza nei nostri cuori.
Gesù parla di dissipazioni e ubriachezze che ci fanno cadere nella dimenticanza, la grande tentazione a cui reagire con la quieta preghiera e la meditazione della Parola di Dio.
Dissipazioni, cioè lo spreco del tempo, l’ossessione dell’organizzazione della vita o del benessere, cioè un gettare via le energie che – in verità – a ben altro ci dovrebbero servire… Ubriachezze, cioè l’intontimento generale che ci provoca stress, la tensione sul lavoro e nella scuola … un continuo stato di ansia sotterranea.
Stiamo svegli, presenti, amici … che il Signore, in questa giornata, ci trovi quando passerà a bussare alla nostra porta. Aiutaci a vegliare e pregare, Maestro, per avere la forza di restare fedeli nelle fatiche di questo mondo, custodendo la tua Presenza … anche in questa giornata!
Buona Settimana SANTA, l’ “Autentica”.
Non chiudere la tua porta, anche se ho fatto tardi.
Non chiudere la tua porta: sono venuto a bussare.
A chi ti cerca nel pianto apri, Signore pietoso.
Accoglimi al tuo convito, donami il Pane del regno.
Maria versa del profumo sui suoi piedi: profumo preziosissimo, il nardo, olio ricavato dalle radici di una pianta che cresce nelle montagne dell’India settentrionale.
Giuda lo valuterà in trecento denari, salario di trecento giornate lavorative.
…. che non sannno già cos’è l’amore (si fa la fine di Giuda!),
Buon cammino pasquale a tutti!
don Giuseppe Facchineri
La Croce non ha valore… per chi confida solo nell’efficienza materiale, nei programmi tecnici, nei progetti sociali;
non ha senso… per chi non vuole dare spazio alla vita interiore, per chi ritiene che i problemi umani si possono risolvere scavalcando l’uomo, la sua libertà, il suo cuore;
è inconcepibile… per chi desidera prevalere, vincere, comandare, possedere;
è faticosa… per chi non ha speranze sull’uomo e le sue possibilità;
è dolorosa… in una realtà in cui arroganza, mediocrità, diffidenza sono chiamate normalità.
Invece è germe d’amore la Croce… per chi sa che l’esperienza realistica della vita ci dice che il dolore, la sofferenza, la morte riempiono di sé la nostra storia e che l’amore, solo l’amore, è la speranza dell’uomo.
Case Bianche (scarica il PDF)
Le parole del Papa ai consacrati (scarica il PDF)
Omelia Monza (scarica il PDF)
le parole del papa ai cresimandi (scarica il PDF)
La grafia è minuta, difficile da leggere, ma del tutto comprensibile, in lingua spagnola. Sono gli appunti originali scritti dal cardinale Jorge Mario Bergoglio per la congregazione generale del 9 marzo 2013, pochi giorni prima del conclave. Fu questo testo a far crescere il consenso intorno a lui, fino alla successiva elezione.
Il cardinale cubano Jaime Ortega, dopo che i contenuti erano già stati resi noti in passato, ha chiesto a Francesco una copia del testo originale ricevendo anche l’ok per la pubblicazione. Diramati in queste ore, a quattro anni di distanza dall’elezione, gli appunti ridestano stupore. In particolare, come scrive “Il sismografo”, il quarto punto. Bergoglio dice la sua sul futuro Papa, un uomo che, attraverso la contemplazione di Gesù e l’adorazione di Gesù, aiuti la Chiesa “a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti a essere la madre feconda che vive della dolce e confortante gioia dell’evangelizzare”. Francesco spiega cosa significa evangelizzare. Implica “zelo apostolico” e “presuppone nella Chiesa la ‘parresìa’ di uscire da se stessi”, per andare “verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”.
Bergoglio ricorda anche i mali che affliggono la Chiesa, in particolare l’autoreferenzialità, il “narcisismo teologico”. Il futuro Papa ricorda l’Apocalisse, dove è scritto che Gesù sta sulla soglia e chiama.
Evidentemente il testo si riferisce al fatto che “Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare…”. Però a volte “penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire”.
E ancora: “La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di avere luce propria; smette di essere il ‘mysterium lunae’ e dà luogo a quel male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa): quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa; quella del ‘Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans’ – La Chiesa che religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio -, o la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime.
Signore,
fammi conoscere la bellezza della tua chiamata
e il dono della tua costante presenza.
Aiutami a capire il tuo disegno su di me
e ad ascoltarti e imitarti con filiale docilità.
Fammi comprendere a che punto sono
nel cammino della vita cristiana:
quali sono i difetti da superare
e le virtù da conquistare.
Mi abbandono a te,
perché tu mi aiuti sempre a fare
la tua soave volontà.
Te lo chiedo con cuore nuovo,
grande e forte,
per Cristo Signore nostro. Amen.
Come si può essere cristiani oggi, nella Chiesa, in questo grande albero che è stato piantato due millenni fa? Beh, quello che si attende da ogni albero… ogni semplice cristiano deve essere come una foglia di un albero. Continua a leggere Come foglia rivolta al sole
Signore Gesù, voglio essere per te come quel barattolino di olio di nardo che Maria riversò sui tuoi piedi.
Voglio essere come nardo per camminare con te, amare con te le persone che incontriamo quotidianamente; voglio essere strumento di rivelazione della tua presenza. Dal mio profumo tutti devono sentire che tu sei qui. Continua a leggere Voglio essere profumo
CON ANIMO SERENO TI LODIAMO DIO PADRE
Con animo sereno ti lodiamo Dio Padre, ti ringraziamo perché dimori in mezzo a noi e per l’amore misericordioso che hai per ogni persona. Continua a leggere